Bjork riesce ogni volta a stupire. Continua imperterrita a praticare un progressivo svuotamento della forma canzone sfrondandola sempre più da tutto ciò che non è necessario. E se questo processo sembrava compiuto con “Vespertine” il suo nuovo lavoro riesce ad andare molto più avanti.
Al centro di tutto c’è la voce di Bjork, il suo strumento per eccellenza, la sua straordinaria capacità interpretativa, la sua istintiva vocalità così sfuggente e mai accomodante. A questa vengono avvicinate altre voci e, con parsimonia, qualche piccola sequenza elettronica, un pianoforte e poco altro.
Il risultato, e qui sta l’aspetto incredibile, non è quello di un disco di avanguardia (anche se in un paio di pezzi sono evidenti i riferimenti alle tecniche vocali sviluppate da Meredith Monk) ma un disco di canzoni. Canzoni che abbastanza facilmente impariamo a canticchiare e non risultano particolarmente ostili (almeno quelle non cantate in islandese 😉 ).
Un progetto che ha del miracoloso e che fa sorgere una domanda: dove arriverà la piccola islandese la prossima volta ?
😀
E’ vero, Bjork è una continua sorpresa e questo disco ne è un’ennesima prova… io non riesco a smettere di canticchiare “Where is the line” :-)))