ROBERTO MUROLO ” Napoli e le sue canzoni “, 2007, Recording Arts

Tra le tante cose di cui NON sono esperto c’è la musica napoletana e i suoi interpreti. Mi affaccio perciò su figure quali Roberto Murolo con la consapevolezza di sapere poco o nulla della scena alla quale è appartenuto così come della sua storia personale.

Questo doppio CD, dalla copertina esageratamente ed inutilmente retorica, ha il pregio di essere assai economico (come sempre in casa Recording Arts) e di raccogliere una lunga serie di brani celeberrimi appartenenti alla recente tradizione partenopea. Anche i difetti sono i soliti, tipici dei prodotti di questa casa discografica, registrazioni non sempre di buon livello e libretti spartani (tra le altre cose in questa edizione manca qualunque informazioni sulle registrazioni dei brani, non sappiamo quando siano stati registrati, chi ci abbia suonato, ecc.).

Ma ciò che fa scintillare questo cofanetto e lo rende prezioso è, ovviamente, la voce di Murolo e le sue straordinarie capacità interpretative.
Lontanissimo da tutti quei moduli tenorili che hanno ridotto la canzone napoletana a divertissement per voci possenti, Murolo affronta brani con una così ricca storia dietro le loro spalle forte di una sensibilità fuori dal comune, una intonazione perfetta, una eleganza e una gentilezza da togliere il fiato.
Quindi tra questi solchi non aspettatevi di trovare un simil-Enrico Caruso ne, tantomeno, una vocalità dallo stile effervescente come quella di un Peppe Barra. In un’epoca nella quale le voci muscolate erano servite e riverite Murolo si rifiuta di urlare e schiamazzare e si affida a quella che è la dote più rara nei cantanti: la capacità di interpretare, la capacità di comunicare emozioni a chi ascolta invece di stupirlo con effetti speciali, la capacità di commuovere e di vivere in prima persona ciò che si canta, la capacità di valorizzare ogni singola nota che viene cantata.
Non credo di esagerare nel dire che ascoltando “Scalinatella” si viene travolti dalle pene d’amore del protagonista provando la sua stessa tristezza e il suo stesso sconforto, mentre “Lacreme napulitane” (canzone, purtroppo, tremendamente attuale) ci materializza fin dentro le viscere la durezza della vita dell’emigrante e il suo difficilissimo status psicologico.
Ma sono tantissimi i titoli (strafamosi) che Murolo rende meravigliosi ed è impossibile farne un elenco.
Peccato che tanta capacità non sia affiancata da un accompagnamento di pari valore. Perché se la semplicità di una solitaria chitarra evita di rubare la scena alla delicatissima voce di Murolo è anche vero che si poteva azzardare qualcosa in più e, soprattutto, la chitarra poteva essere affidata a musicisti più valenti.
Ma questi sono peccati veniali per l’opera di un artista il cui ruolo nella storia della canzone italiana non è stato ancora sufficientemente esaltato.

Puro velluto.

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