Modus operandi

Negli ultimi 12 mesi ho comprato una decina di dischi che mi incuriosivano molto e sui quali, contemporaneamente, avevo forti dubbi (ed ero quindi timoroso a comprarli temendo di rimanerne insoddisfatto). Li ho perciò scaricati da Emule, li ho ascoltati con calma ed attenzione, li ho trovati molto belli ed interessanti e nelle settimane seguenti li ho comperati (è stato il caso del disco di Meg di cui ho appena parlato, de “La valle dei saraceni” dei Tendachent, dell’unico lavoro degli El Muniria, del disco degli Uochi Tochi che trovate recensito in un post precedente, di un recente lavoro della PFM, di “Terra in bocca” dei Giganti, e così via).
Altri lavori (analogamente scaricati ed ascoltati) li avrei comprati (e li comprerei) volentieri ma sono decisamente fuori catalogo o di complicata acquisizione e, per ora, sono in uno strano limbo (parafrasando Alan Sorrenti si potrebbe cantare “Vorrei comprarvi ma non so come trovarvi…”): è il caso dell’ultimo lavoro solista di Karl Bartos, di svariati cd di William Basinski, del live-reunion de La Ciapa Rusa, dei lavori più recenti di Wim Mertens, del bellissimo “Sangam” di Michael Nyman, di qualcosa del gruppo neo-progressivo La Maschera di cera, ecc.
Altri di questi dischi scaricati dalla rete per poterli assaggiare mi hanno invece deluso e dopo averli analizzati con cura ho deciso di abbandonarli al loro destino spostandoli nel famigerato Cestino del mio PC e nel mio dimenticatoio personale (tra questi molti lavori dei Pan Sonic, altre cose di Michael Nyman, alcuni lavori di difficile reperibilità, e di dubbia qualità, di Jean-Michel Jarre, tutto ciò che ho ascoltato di Fennesz, alcuni dischi dei Giardini di Mirò, ecc.)

Naturalmente in parallelo a queste attività di scarico/ascolto/eventuale acquisto continuo a comprare i dischi che mi interessano, e sui quali non nutro alcun dubbio sulla qualità del contenuto, senza neanche preoccuparmi di ascoltarli preventivamente (se non l’avete capito sono un heavy buyer di cd). Ma, e ci tengo a sottolinearlo, se non avessi avuto modo di pre-ascoltare degnamente questi dischi io probabilmente NON li avrei mai comprati.

Io trovo che questo mio modus operandi, questo mio modo di usare il peer-to-peer, questo mio modo di curiosare nel mare magnum dei prodotti discografici sia non solo corretto ed estremamente produttivo (egoisticamente parlando), ma sia anche vantaggioso per tutti coloro che producono dischi.
Eppure per le multinazionali della musica io non sono un ottimo cliente (uno dei loro migliori, ad essere precisi), al contrario sono considerato un pirata criminale da inseguire, acchiappare, bastonare, multare e rieducare.

Siamo sicuri che la condivisione di file musicali sui vari network esistenti sia il male assoluto ?
Non sarà un (clamoroso) falso bersaglio, che, quand’anche dovessero raggiungerlo, si potrebbe rivelare (al massimo) un sintomo del male e non IL male ?

Quale danno economico ho REALMENTE procurato alle case discografiche ? Quali mitici (e mitologici) diritti d’autore ho violato/evaso/rubato ?

Sono un pirata od un signore ?

 

AGGIORNAMENTO 17.11.2009


Secondo questo articolo pubblicato dal Corriere della Sera uno studio di una società inglese dimostrerebbe che “chi scarica musica online illegalmente tende anche a comprare più musica legale“, costoro “spendono fino a 85 euro al mese per acquistare musica: ben 36 euro in più rispetto a chi non scarica illecitamente“.
Questi risultati collimano con la mia esperienza e mi farebbe piacere sapere cosa ne pensano di questi numeri le case discografiche che spesso sparano cifre incredibili riguardo i danni economici che gli procurerebbero i pirati della musica.

4 thoughts on “Modus operandi

  1. anonimo ha detto:

     sempre un signore!
    🙂
    cosa cerchi de La Maschera di cera?

  2. abulqasim ha detto:

    grazie per il signore ,
    della MdC mi ha molto divertito il primo omonimo disco

    S.

  3. anonimo ha detto:

    Temo che le case discografiche lamentino la perdita delle face di acquirenti più giovani. Quelle nate con Napster e cresciute con Emule e che, contrariamente ai loro coetanei dei decenni passati, non comprano quasi più musica.
    Di contro le stesse major non curano come dovrebbero quelle generazioni che hanno maturato, per varie ragioni, un apporccio diverso alla musica e contninuano a propinarci i loro prodotto con la sciatteria e la superficialità che spesso hai denunciato. E così perdono i quindicenni, ma trattano come se il loro mercato fosse composto da quindicenni!
    Saluti
    V.

  4. anonimo ha detto:

    Mi scuso per i litigi con la tastiera del post precedente 🙂
    v.

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