Questo è un post anomalo. Non saprei neanche dirvi di cosa parli esattamente.
Iniziamo dicendo che a partire dai primi anni ’80 (e in parte fino ad oggi) ho periodicamente realizzato dei lavori musicali. All’epoca li registravo su delle audiocassette (no ragazzi, a quei tempi non esistevano i masterizzatori).
Nulla che vi debba interessare, salvo il fatto che ultimamente sto riascoltando questi vecchi lavori avendo deciso di digitalizzare queste vetuste (e non sempre perfettamente invecchiate) cassette.
In particolare mi occuperò di una cassettina realizzata in un arco temporale tra il 1985 e il 1986 e intitolata “R.A.I. (Radio Annunci Importanti)“.

Allora come oggi ho sempre subito il fascino dei testi che, attraverso collage più o meno arditi, fornivano all’ascoltatore percorsi di significato imprevisti e imprevedibili e in quegli anni, percorrendo spessissimo il tratto di via Prenestina che va (grosso modo) da Largo Preneste a Porta Maggiore con il tram (prima per andare al liceo, poi per andare all’università, poi per andare a lavorare), rimasi colpito dalle scritte sui muri che ornavano questa antica via romana.
Decisi così di fare un pezzo che, su una base elettronica, utilizzasse queste frasi (e a volte frammenti di frasi, mai finite o parzialmente cancellate). Lo intitolai “Isolation intellectuel” selezionando una di queste scritte tra le tante (trascritta esattamente come si presentava sul muro).
Tutto questo, di per sé, non dovrebbe suscitare il vostro interesse.
Qualche anno dopo mi innamorai della musica dei Gronge, gruppo spesso citato su queste pagine e che presto (spero) verrà meritatamente narrato in maniera un po’ più seria, e fu con una certa sorpresa che, nel 1988, ascoltando la ristampa in vinile del loro demo di esordio, “Classe differenziale“, risalente al 1985, disco che fino a quel momento non mi era mai passato tra le mani, notai come il brano “Graffiti” utilizzasse come testo (lo si intuisce anche dal titolo) una serie di scritte sui muri.

Voi penserete, giustamente: va bene, avete avuto una idea simile, ma chissà quanti altri avranno fatto qualcosa di analogo.
La cosa interessante però è che, sia io, sia i Gronge, sostanzialmente negli stessi mesi, abbiamo fatto due pezzi che utilizzavano le stesse identiche scritte presenti sulla via Prenestina.
Quindi non solo la struttura del testo era simile, ma lo spunto, l’idea iniziale, è nata per entrambi dalle stesse scritte osservate probabilmente dagli stessi tram (il 13, il 12, il 14, il 19…).
Naturalmente non c’è paragone tra la grande capacità di Tiziana Lo Conte di interpretare questi versi sui generis rispetto alla mia. Tra l’altro io pronunciavo, chissà perché, la scritta che dava il titolo al mio pezzo in maniera anglofona (aisolescion intellectuel), mentre lei, immagino più correttamente, la declinava al francese (isolaziòn intellectuel).
Tutto questo riemerge ora, dopo 30 anni, perché, sempre in maniera del tutto casuale, da un lato io ho digitalizzato manualmente i miei lavori e dall’altro, sempre in questo sorprendente 2015, è stato pubblicato un doppio cd antologico dei Gronge intitolato “Gli anni ’80” nel quale finalmente ricompare anche il loro pezzo e, in pratica, mi è capitato di (ri)ascoltarli a pochi giorni di distanza l’uno dall’altro dopo un’eternità (no, non uso il giradischi per tante buone ragioni, e lo sapete).
Io non so esattamente cosa significhino queste sincronie (negli stessi mesi le stesse suggestioni e, dopo 30 anni, le stesse riemersioni), e forse non significano nulla (anche se in questa fase della mia vita sono abbastanza colpito da questo tipo di eventi, come se dietro ci possa sempre essere qualcosa di più di quello che sembra).
L’unica riflessione che mi viene da fare è che, forse, negli anni ’80 il ruolo delle scritte sui muri delle città era assai più importante di quanto sia oggi.
Forse le scritte duravano di più e si sedimentavano negli sguardi dei passanti,
forse erano più significative, cercavano di esprimere qualcosa (molto più della deriva narcisistica che caratterizza i giorni nostri, con questi stramaledetti tagger che riempiono le strade delle loro vuote firme),
forse erano anni in cui si guardava, letteralmente, di più quello che c’era intorno a noi invece di fissare un piccolo schermo tenuto tra le mani…
fatto sta che è successa ‘sta cosa qua e io ve la racconto.
Sperando di non avervi fatto perdere troppo tempo.