SoundScapeS vol.16

E in attesa di ritornare a scrivere qualcosa di serio, vi presento l’ennesima raccolta che certifica quelle canzoni o quei brani musicali che in questi ultimi 14 mesi mi hanno colpito, vuoi per la musica, vuoi per le parole, vuoi per un brivido, vuoi per una vertigine.

Questa volta l’antologia è concettualmente spaccata in due.
Da un lato un discreto numero di brani strumentali (o dove eventuali testi non hanno particolare rilevanza).
Si spazia da materiali quasi-progressive, al minimalismo, a qualcosa di microtonale, un inevitabile passaggio per qualcosa di classico (scoperta dell’ultimo viaggio berlinese), un pizzico di exotica e un gioiellino post-minimalista.

Dall’altra parte, forse figlie dei tempi, alcune canzoni che si pongono il problema della libertà, ma da punti di vista diversi, anche opposti.
Da lì il titolo della raccolta, necessariamente al plurale.

Solo 17 brani (diversi sono piuttosto lunghi) per i consueti 80 minuti di good vibrations (con un paio di dediche implicite).

Scava scava, si trova sempre in giro un sacco di bella musica.

ATROX “Fiori neri”, 1990, Point Zero

In passato ho a volte ricordato la mia passione (anche) per l’hard-core punk italiano degli anni ’80 (la seconda metà degli anni ’80, con qualche propaggine nel decennio successivo).

Uno dei dischi che ho amato di più è questo “Fiori neri” dei lombardi Atrox (da non confondersi con i quasi omonimi A.T.R.O.X., tutta un’altra storia).

Di loro ho amato la capacità di coniugare l’irruenza e l’energia tipica dell’HC con la tendenza a non soffocare il cantato sotto tonnellate di rumore, senza escludere qualche accenno di melodia: una sorta di HC morbido e potente allo stesso tempo, nel quale i testi, politicamente impegnati, come da regolamento, riescono a risultare comprensibili e non scompaiono in un mare di distorsioni e rauche urla.

Fiori neri” contiene 25 tracce per poco più di mezzora, e già questo vi racconta l’urgenza dei pezzi, il loro bruciare rapidamente (mai sopra i 3 minuti, spessissimo sotto i 2) e nonostante ciò mantenere uno sviluppo non necessariamente banale. Formazione classica: voce, chitarra elettrica, basso e batteria più un’ulteriore voce.

Difficile segnalare qualche traccia in particolare, il livello medio è sempre molto buono. Forse “Futuro” che parte fortissimo per poi passare a cori innodici, “Città maledetta“, canzone dall’incipit bello energico, con gli occhi della tigre, che poi si concede pure un assolo di chitarra elettrica, l’accoppiata “Condannati” (batteria velocissima e chitarra elettrica a rincorrerla in un tripudio di cori) e “Prigionieri” (gran crescendo di rabbia e intensità), il puro, meraviglioso, hard-core di “Odia“, la ritmica ossessiva di “Network” condita con la chitarra e i cori più effetti speciali vari e una batteria particolarmente fantasiosa, l’ottima “Felici di educare” che si permette anche una lunga introduzione chitarristica prima di lanciare la batteria a massima velocità per poi nel finale rallentare e poi riaccelerare (e tutto questo in meno di due minuti). In “Poga !” troviamo addirittura delle tastiere in una introduzione alla quale però poi segue uno dei pezzi più intensi, veloci ed energetici del lotto, citazioni infine per la lenta, ma costante, accelerazione di “Fiori neri” con finale epico, e per “Spezzeremo le catene“, parzialmente cantata in coro, che in sé riassume, al meglio, tutte le caratteristiche di questo genere musicale.

Da segnalare anche qualche momento più leggero: il siparietto “039“, la cover insensata e accelerata, 50 secondi, di “O sole mio“, la cantabilità e morbidezza (musicale) di “Cento anni“.

Un disco che unisce perfettamente l’espressione della rabbia metropolitana con una ottima sapienza tecnica e un songwriting ispiratissimo, il tutto in una cornice che non sacrifica la cantabilità all’energia e alla velocità.

per info e tanto altro materiale, potete andare sul loro sito

AA.VV. “Italian records – The singles 7″ collection”, 2013, Spittle records

Ecco un altro box che gli appassionati della musica italiana non dovrebbero ignorare.
Come dovreste già aver intuito dal titolo, trattasi di una corposa raccolta, spalmata su ben 5 cd, di TUTTI i 7″ (dalle nostre parti volgarmente detti 45 giri) pubblicati dalla storica, benemerita e rimpianta Italian records durante la sua non lunghissima, ma fondamentale, esistenza (per i pochi che non lo sapessero siamo negli anni ’80).

R-4525275-1367352670-3442.jpegI 5 cd sono contenuti in una piccola scatola bianca contenente anche un ricco libretto nel quale trovano posto (stampate praticamente nella dimensione originale) tutte le copertine e le retrocopertine dei dischi in questione (un applauso al curatore) più note, articoli, approfondimenti e un piccolo gadget.

R-4525275-1367352704-6005.jpegMa cosa è stata la Italian records ? E’ presto detto.
Tramontata la Cramps, fu una delle pochissime etichette indipendenti italiane capaci di dare spazio al meglio che offrisse il belpaese dell’epoca unendo intelligenza, ecumenismo, libertà di pensiero e insofferenza per qualunque tipo di gabbia, e questa antologia, di fatto, ci presenta uno splendido ritratto di quell’Italia musicale ospitando molti dei nomi che hanno dato lustro alla nostra musica negli anni del (sia sempre maledetto) riflusso.
All’ascolto dei dischi stupisce la assolutà varietà della proposta capace, senza rinchiudersi in inutili steccati, di sorprendere continuamente l’ascoltatore facendogli ascoltare punk, rock demenziale, avant-rock, new wave, elettronica glaciale, art-rock più o meno scombinato, cover improbabili, dance music, memorie Tuxedomoon, sinth-pop e altro che sicuramente ora non ricordo. Tutto questo con apertura mentale a 360 gradi e grande intuito nel riconoscere i talenti, tanto è vero che possiamo ascoltare gruppi e solisti, ormai diventati di culto assoluto, quali Freak Antoni, Confusional quartet, Diaframma, Neon, Rats, Gaznevada, Kirlian camera, Johnson Righeira, Windopen o gli Art Fleury (e l’elenco potrebbe continuare).
Uno sguardo lucido e consapevole capace di individuare la buona musica dovunque essa approdasse.

Credo ce ne sia già abbastanza per spingervi a curiosare all’interno di questo universo, ma, non potendo trattare in dettaglio questa vera e propria montagna sonora (oltre 5 ore e mezza di musica), della quale fanno parte anche singoli progettati ma mai commercializzati (altro applauso al curatore), ci vogliamo soffermare sul secondo disco nel quale trova spazio la riproposizione di uno stranissimo progetto, risalente al 1981, e originariamente intitolato “L’incontenibile Freak Antoni” (all’epoca strutturato in un cofanetto costituito di 5 singoli ognuno dei quali accreditato ad altrettanti gruppi fantasma, tutti gravitanti intorno alla figura di Freak Antoni e ognuno dei quali dotato di una precisa personalità artistico-musicale).

R-2967361-1329613143.jpegNel primo 45 giri troviamo così I nuovi ’68, dal prelibato aroma beat, intonare una “Il governo ha ragione” la cui serissima ironia è un piccolo miracolo, subito seguita dalla brevissima e pienamente sixtiesBambini” (testo politicamente scorretto, ma questo è un classico marchio Freak Antoni), mentre sul lato B ascoltiamo una funkettonaNegro” divertente (pseudo)apologia di certa retorica sulla blackness con assolo finale di chitarra niente male.
Il secondo singolo è appannaggio dei Genuine Rockers che partono con il rock bello tirato di “Non salutare chi non ti ama” e proseguono con un’altrettanto grintosa “Mica male / Not bad” (dal testo che è un clamoroso inno all’autostima).
Il terzo 7″ è praticamente uno spin-off degli Skiantos poiché I Recidivi (a cui è attribuito) vedono insieme a Freak Antoni nientepopodimenoche Jimmi Bellafronte e Bubba Loris (chi li conosce lo sa). Sul primo lato troviamo “Il mondo sta finendo (sbobba psichedelica)” (sax ed elettroniche in libertà più batteria apocalittica per una sorta di avant-demenzialità, del tutto imprevedibile). Sull’altro lato c’è prima “Capelli dritti“, acceleratissimo pezzo demenziale, e poi la iperdepressiva (e irresistibile) “Datemi un letto per morire” (batteria e sinth svociato).
Arriviamo così al quarto disco, accreditato ad Astro Vitelli & The Cosmoz (Astro Vitelli è uno degli alias più sviluppati e complessi del nostro, qui basti dire che musicalmente propugna il recupero di vecchie canzoni in contrapposizione alla falsa avanguardia dei giorni nostri) dove ascoltiamo prima una “Love in Portofino” come l’avrebbero suonata i Tuxedomoon e subito dopo una “Arrivederci Roma” virata in chiave elettro-dark che è una assoluta delizia.
Chiudono il cofanetto gli Hot Funkers che esordiscono con una “Ieri/Yesterday” (ovviamente in chiave funky con tanto di assolo del sassofonista Alan King, special guest del progetto), bella, ma meno riuscita della b-side “Posso farlo ovunque“, dall’impressionante groove (gli ottimi Bruno Corticelli e Daniele Barbieri a basso e batteria) e dal geniale testo dedicato alla possibilità di urlare. Pezzo perfetto per chiudere in bellezza.

Questi 5 singoli sono un raro concentrato di intelligenza, originalità e leggerezza. Doti che è raro trovare insieme e ancor più raro trovare unite ad una sapienza e sensibilità musicale che rende questi pezzi pienamente riusciti. Da soli giustificano l’acquisto dell’intero cofanetto.

elephantmenMa le sorprese non finiscono qui, perché in chiusura di questo stesso CD troviamo due brani accreditati ai The Elephant men (ovvero i Merrick Brothers), altro progetto laterale del nostro eroe, che ci presentano due brani sotto il cappello “Music for a lonely soundtrack“. Sul lato A una “Hard spleen theme” elettronica e decadente, mentre sul lato B c’è una “Titles song” (?) dalle atmosfere analoghe, ma dalla ritmica più veloce e un testo più tradizionalmente Skiantos.

Mi perdonino tutti gli altri degnissimi artisti presenti in questo cofanetto, ma non potendo parlare di tutti non ho potuto fare a meno di approfondire i contributi di uno dei grandi scomparsi della musica italiana, quel Roberto Antoni che dobbiamo fare in modo non sia mai dimenticato.

L’altra faccia degli anni ’80 (quella buona).

p.s. Spendo una parola anche per la qualita delle digitalizzazioni, laddove spesso le major non sanno neanche più dove siano i master originali costringendo i loro dipendenti ad utilizzare masterizzazioni da vinile per poter ristampare alcuni titoli, qui possiamo ascoltare questi brani con ottimi riversamenti dai nastri dell’epoca regalando un ascolto anche tecnicamente di altissimo livello (e certo migliore di quanto potevano fornire i 45 giri originali)

MISTER FANTASY: un resoconto

Per quello che mi riguarda l’evento televisivo dell’anno 😛 è stato il recupero su RAI Extra di (quasi) tutte le puntate della storica trasmissione “Mister Fantasy” (ne parlai tempo fa in questo post). Purtroppo non sono riuscito a vedere tutte le repliche, ma solo una loro buona parte (credo circa i 2/3), ciò nonostante vorrei fare alcune ulteriori valutazioni/considerazioni a riguardo di questa trasmissione.

La prima cosa che salta agli occhi è come, puntata dopo puntata, Mister Fantasy abbia tracciato una vera e propria mappa della musica italiana del momento.
Tanto per essere chiari ecco un elenco (ovviamente non esaustivo) di coloro che sono passati nella trasmissione attraverso video, interviste, speciali monografici e quant’altro.

C’è stato spazio per cantautori di prima generazione
(Enzo Jannacci, Fabrizio De Andrè, Paolo Conte, Francesco Guccini, Bruno Lauzi),

cantautori di seconda generazione
(Angelo Branduardi, Pino Daniele, Lucio Dalla, Eugenio Bennato, Edoardo Bennato, Paolo Pietrangeli, Alberto Camerini, Eugenio Finardi, Ivan Graziani, Pierangelo Bertoli, Roberto Vecchioni, Francesco De Gregori, Claudio Lolli),

residui degli anni ’70
(PFM, Franco Battiato, Banco del mutuo soccorso, Alan Sorrenti, Ricky Gianco, Tony Esposito, Alberto Radius),

cantautori e cantautrici (allora) emergenti
(Enrico Ruggeri, Mario Castelnuovo, Massimo Bubola, Sergio Caputo, Alberto Fortis, Mimmo Cavallo, Enzo Carella, Ron, Ivano Fossati, Gianna Nannini, Teresa De Sio, Ivan Cattaneo, Vasco Rossi, Fabio Concato, Giuni Russo, Scialpi, Garbo),

cantautori e cantautrici mai veramente emersi o rimasti confinati nello stra-culto sotterraneo
(Roberta D’Angelo, Flavio Giurato, Gino D’Eliso, Gerardo Carmine Gargiulo, Marco Bambati alias Il caso Bambati, Diana Est, i Dada-Umpa, Franco Serafini, Renzo Zenobi),

cantanti pop
(Loredana Bertè, Mia Martini, Matia Bazar, Miguel Bosè, Claudio Baglioni, Rettore, Nada, i Volpini volanti di Rossana Casale),

 residui degli anni ’60
(Caterina Caselli, in veste di produttrice, Edoardo Vianello, i Nomadi, Bobby Solo, Maurizio Vandelli, Peppino Di Capri),

scene musicali più o meno alternative
(il Great Complotto di Pordenone, la cooperativa L’Orchestra, Claudio Rocchi e gli Hare Krishna italiani, il teatro di Gabriele Salvatores con Mauro Pagani, lo Studio Azzurro, RaiStereoNotte, gruppi rock-wave-punk quali Jo Squillo, Kaos Rock, Depress, Take for run, Tempi duri, i Krisma).

Come si vede possiamo tranquillamente dire che non ci sia stato artista italiano (in ambito, ovviamente, di popular music) che si sia mosso in quegli anni (1981-1984) senza che Mister Fantasy gli abbia donato un po’ di spazio e visibilità. C’è oggi qualche trasmissione televisiva capace di fare qualcosa di simile ? Di dare spazio ai grandi vecchi ma contemporaneamente di valorizzare e dare occasioni televisive al nuovo che avanza ?
E se all’epoca l’obiettivo era quello di raccontare il presente a rivederla oggi questa trasmissione ci appare (anche) come una vera e propria video-enciclopedia sulla musica italiana di quegli anni, capace di conservare traccia e memoria di quell’epoca musicale in maniera impeccabile.
E non mi sembra un regalo da poco.
In particolare, da fan di Battiato, ho molto apprezzato come la trasmissione lo abbia seguito e coccolato (da “Patriots” in poi) credendo da subito moltissimo nel suo potenziale (anche) di artista popolare e di massa dedicandogli anche diversi speciali oltre ad una famosa e lunghissima prima serata.
Un altro punto che vorrei mettere a fuoco è quello del sostanziale ecumenismo della trasmissione. Si veniva dagli anni ’70, anni di divisioni e contrapposizioni dove il confine tra musica (cosiddetta) commerciale e musica (diciamo) di qualità era spesso un abisso insuperabile di incomunicabilità. Con lucidità e intelligenza tutt’altro che banale gli autori della trasmissione decidono di trattare, all’interno del loro programma, generi e artisti diversissimi in un mix che oggi ci appare condivisibile e necessario ma che all’epoca non era per niente scontato e ovvio (anzi…).

Già leggendo l’elenco degli artisti italiani la cosa salta all’occhio, ma posso aggiungere che in una trasmissione che non si è, giustamente, vergognata di dare spazio ai Jackson 5 (prima) e a Michael Jackson (dopo), ai Duran Duran come ai Culture club, hanno trovato spazio non solo artisti e gruppi punk e rock alternativi (scusatemi l’espressione cretina, ma serve a rendere l’idea) che MAI in quegli anni la RAI si degnava di passare (penso ai Clash, a John Lydon e i suoi P.I.L., agli Ultravox, ai Dire Straits che proprio in quei mesi scalavano le nostre classifiche, a Lou Reed, a Joe Jackson, ai Bow Wow Wow e tanti altri),

ma sono riusciti a dare visibilità anche ad artisti di confine e autori di musiche reputate, spesso, difficili e televisivamente inadatte (e qui penso ai Talking Heads, ai Tuxedomoon, ai Residents, a Laurie Anderson, alla vita segreta nel cespuglio di David Byrne & Brian Eno, ai tedeschi DAF, alla assurda Portsmouth Sinfonia, a Mike Oldfield, a Peter Gabriel, ai Devo… e anche qui potrei continuare). Insomma uno sguardo a 360 gradi sulla musica pop assolutamente inedito per la nostra televisione e probabilmente mai più replicato anche in seguito (escludendo ovviamente i canali tematici televisivi che, per forza di cose, nel loro palinsesto trovano spazio per moltissimi generi, anche se qui dovremmo discutere sul tipo e sulla qualità dello spazio che destinano alle musiche meno di classifica laddove Mister Fantasy era estremamente democratica nel dare a tutte le musiche spazi equivalenti).

Tra le tante idee brillanti della trasmissione c’era quella di chiudere la trasmissione con un brano finale pescato dal materiale live di artisti tra i maggiori della storia del rock. Sono stati trasmessi interi concerti, un brano a settimana, di artisti quali Rolling Stones, Beatles, Bob Marley, Bruce Springsteen, Janis Joplin, Doors, Jimi Hendrix, ecc.
Oggi che abbiamo YouTube può apparire una scelta inutile, ma, all’epoca, di questi filmati (spesso veri e propri film) in televisione si era visto pochissimo, nessuno alla RAI riteneva utile o intelligente passarli e si deve a questa trasmissione se la mia generazione ha potuto vedere per la prima volta queste immagini mitiche. A ripensarci pare davvero incredibile come dai canali nazionali venisse sostanzialmente snobbato tutto l’universo che riguarda la storia della musica pop (e, per la verità, anche oggi non è che le cose siano significativamente cambiate) e come tanti materiali disponibili giacessero negli archivi inutilizzati.

Altra idea interessantissima della trasmissione fu quella di realizzare i video di interi LP di artisti italiani (più o meno) emergenti e farli passare uno a settimana in qualità di ospiti fissi. L’idea che una trasmissione scommetta su artisti minori e dischi nuovi dandogli visibilità e presenza costante è un qualcosa che oggi, con la crisi che c’è, si farebbe bene a recuperare anche perché l’alternativa è la costruzione tramite i talent-show di (anche bravissimi) interpreti, ma quello che ci manca è dare una chance vera ai nuovi autori che emergono in campo musicale (un po’ come cerca di fare Serena Dandini nel suo “Parla con me“). Dentro Mister Fantasy si lanciarono o rilanciarono in questa maniera Ivan Cattaneo, Beppe Starnazza e i Vortici (uno dei tanti alias di Freak Antoni), il Gruppo italiano, Roberto Ciotti, Sergio Caputo, i Krisma, Tony Esposito e altri. Scelte coraggiose che oggi, schiavi dell’Auditel, pochi si arrischiano a fare…

Altra piccola annotazione: come scrivevo nell’altro post una delle caratteristiche pregnanti di questa trasmissione era quella di dare dignità alla musica che veniva trasmessa grazie alla capacità di contestualizzarla correttamente, accompagnando lo spettatore alla visione/ascolto nel migliore dei modi. Uno degli aspetti di questa cura era quella dei sottotitoli ai video non cantati in italiano. Consapevoli che il testo di una canzone non è una mera decorazione della musica ma che le due cose viaggiano sempre strettamente unite gli autori (anche qui caso più unico che raro) quando passavano un video straniero lo sottotitolavano in maniera da rendere comprensibile a tutti il testo (e quindi meglio cogliere le relazioni tra musica, immagini e parole oltre all’intelligenza e sensatezza del testo stesso). Un servizio piccolo e semplice eppure massicciamente minoritario nel nostro panorama televisivo.

Pigrizia degli altri o volontà di non abituare lo spettatore a entrare nelle canzoni lasciandolo più possibile nel ruolo di ascoltatore passivo e bovino ?

Di questa trasmissione ci restano poi tutta una serie di speciali monografici dedicati (generalmente, ma non sempre) ad artisti italiani della durata di una decina di minuti nei quali tra frammenti di canzoni e di interviste si sono divertiti a girare dei veri e propri cortometraggi con un gran gusto per la sperimentazione e (nonostante i mezzi relativamente scarsi) cercando ogni volta di inventarsi qualcosa di nuovo (ne vedete sopra alcuni esempi…).
Tanti piccoli gioielli dalle location fantasiose oggi, fortunatamente, spesso ritornati disponibili su YouTube proprio a partire dalle repliche di quest’anno. Anche qui è un peccato che in RAI si sia perso il coraggio di inventarsi qualcosa ogni settimana (il paragone con i video recentemente realizzati in una trasmissione televisiva che fa di questo format la sua ragion d’essere è, francamente, imbarazzante, e non solo perché invece di Carlo Massarini a presentare ci hanno messo un principe molto meno elegante di lui…).

Ci sarebbe poi da parlare di come hanno per primi lavorato con l’immagine sia nelle scenografie dello studio sia, soprattutto, nella ricomposizione dell’immagine video utilizzando una o più finestre e tutta una serie di decorazioni elettroniche. Tutte cose che oggi ci sembrano normali ma che all’epoca erano invece fortemente rivoluzionarie.
Ci sarebbe da elogiare lo stile e l’eleganza della trasmissione, l’assenza di volgarità (né tette né culi !), ma anche l’assenza di seriosità e autoreferenzialità. Ci sarebbe da lodare l’esemplare rispetto per il telespettatore che non veniva mai blandito attraverso facili mezzucci ma si cercava di conquistarlo con la qualità del prodotto e della sua confezione.

Erano altri tempi.

Probabilmente la fortuna di Mister Fantasy è stata quella di nascere tempestivamente dopo la nascita dei primi videoclip ma prima dell’apertura in Italia di VideoMusic e dell’approdo di MTV. Si è trovata così nella condizione, in mancanza di concorrenza, di veder confluire su di sé, tra il TG della notte e l’alba, come si usava dire, tantissimi spettatori assai diversi fra loro, ed è stato possibile far conoscere a questi spettatori anche musiche altre che normalmente non ascoltavano. Quando poi VideoMusic porterà i video 24 ore al giorno molti di questi spettatori, i meno raffinati, smetteranno di seguirla e toglieranno audience al programma che verrà chiuso.

La concorrenza non premia i migliori, ma i più adatti, come ci ricorda Darwin, e certi programmi è già un miracolo se riescono a fare una stagione. Le stagioni di Mister Fantasy restano un piccolo grande miracolo probabilmente irripetibile.

p.s. Impossibile non ringraziare il canale di YouTube di CalimeroCalimeri per aver fornito i video che compaiono in questo post, sul suo canale potete trovarne molti altri provenienti da questa storica trasmissione.

aggiornamento – 20 novembre 2010
come al solito in nome dei diritti d’autore si cancella la possibilità di rendere disponibile alle persone materiale che altrimenti NON è possibile vedere, indipendentemente dal fatto che chi divulga questi materiali NON ne abbia alcun tornaconto economico,
come avrete notato il canale di CalimeroCalimeri è stato chiuso (credo per un reclamo di RTI, ovvero Mediaset)
per rivedere le cose di cui ho parlato dovrete ora attendere chissà quando (ma il diritto dell’autore così è salvo!)