Le case discografiche sono strane entità. Dovrebbero essere aziende in bilico tra l’ambizione di produrre arte e la necessità di rendere quest’arte redditizia, da loro ci si aspetterebbe sia la capacità di riconoscere la qualità artistica sia quella di valorizzarla dal punto di vista economico e renderla vendibile e venduta. Ma, molto spesso, i comportamenti delle case discografiche sembrano guidati da ragionamenti imperscrutabili, irrazionali, inspiegabili e autolesionisti, vittime di una tendenza al cupio dissolvi che bene spiega la attuale enorme crisi del mercato discografico, crisi della quale le grandi multinazionali sono la principale causa (checché ne pensino esse stesse).
La storia che segue è una storia paradigmatica e, per certi versi, tipica, vista spesso in passato e, incredibilmente, accaduta ancora ai giorni nostri, nel nuovo millennio.
Ma procediamo con ordine.
Siamo ad aprile del 2016, esce il nuovo disco di un personaggio di culto della musica italiana, Juri Camisasca. Insieme a Rosario Di Bella realizzano un disco a quattro mani che viene pubblicato dalla C.A.M., sussidiaria del Gruppo Sugar, e distribuito dalla Warner music Italy.
I misteri iniziano fin dall’inizio. Non sappiamo cosa abbia spinto la Sugar a pubblicare questo lavoro, ma, in un mondo normale, o perlomeno razionale, una casa editrice che produce un lavoro cerca di pubblicizzarlo.
In maniera intelligente, nei luoghi e nei contesti indicati.
Invece niente: se qualcuno si accorge della cosa è soprattutto per il lavoro di alcune persone vicine agli artisti e a tutto un sottobosco di appassionati che si sforza di divulgare la buona novella.
Attenzione: il disco è universalmente riconosciuto dalla critica come un ottimo lavoro, e non perché lo dissi io (ve ne parlai in questo post), quanto perché la critica più autorevole, quella delle riviste specializzate (Blow Up, Rumore…), gli ha dedicato recensioni ed articoli/interviste parlandone sempre bene o molto bene.
Ci si sarebbe aspettati che la Sugar, e il suo ufficio stampa, avessero investito un minimo di energie per lanciare al meglio questo lavoro, e invece niente. Non solo il disco non ha visibilità sui media, ma anche nei negozi ne circolano poche copie.
Clamorosa l’assenza di questo progetto dal Festival Tenco, non tanto perché non sia stato premiato, può succedere, quanto perché non sia stato NEANCHE inserito nei lunghissimi elenchi dei candidati ai vari premi. Qualcuno si è dato da fare perché questo disco arrivasse a conoscenza di coloro che organizzano e determinano gli aspiranti al premio più importante in Italia in tema di cantautori e dintorni ?
Questo tipo di vicenda non è affatto inusuale nel mondo della musica, più di un artista si è lamentato di trattamenti simili: Sergio Endrigo fu uno di coloro che segnalarono questa sorta di mobbing artistico (ti faccio il disco, ma lo boicotto andando contro i miei stessi interessi). Un tipo di vicenda caratteristica delle grandi case discografiche, in questo regolarmente surclassate dalle piccole etichette che, di norma, sanno come, dove e quanto valorizzare i loro prodotti, coccolando gli artisti e garantendogli la giusta visibilità nei contesti a loro appropriati (e che magari, proprio per la loro piccola dimensione, evitano di realizzare dischi nei quali non credono).
A volte viene da pensare che le major siano bravissime a gestire artisti mainstream, ma vadano nel pallone quando si tratta di spingere musicisti musicalmente meno facili e meno noti, una sorta di incapacità storica che contrasta con le aspettative di iper-professionalità che uno si aspetterebbe dai colossi della musica.

Facciamo una breve pausa.
Questa prima parte del post, che avete appena letto, è da ritenersi alquanto oggettiva. Viceversa, da qui in avanti, entreranno in gioco degli eventi riferitimi da persone estremamente affidabili, ma che io non ho vissuto direttamente. Non ci posso mettere la mano sul fuoco, ma, ripeto, chi mi ha raccontato questi fatti è persona del tutto degna di fiducia

Riprendiamo il racconto.
Per fare un favore ad un amico lo scorso settembre ho cercato in rete di comprargli “Spirituality” ma, con mia grande sorpresa, su tutti i principali negozi digitali il cd appariva, e credo ancora appaia, come fuori catalogo.
“Bene – ho pensato – vuol dire che la tiratura è andata esaurita e magari tra un po’ lo ristamperanno”.
Invece qualche giorno dopo vengo a sapere che, su una tiratura iniziale di un migliaio di copie, dopo un anno e qualcosa dall’uscita del disco, circa 350 risultavano ancora invendute.
Apriamo un po’ di parentesi:
a parte che non sta scritto da nessuna parte che dopo un anno la prima tiratura debba essere per forza esaurita,
a parte che volendo si poteva, e forse doveva, rilanciare il progetto durante il tour che il duo ha fatto nel 2017 e cogliere questa occasione per incrementare le vendite del disco,
a parte che 350 cd occupano un ben misero spazio nei magazzini di una casa discografica,
a parte tutto questo,
io credo che se la Sugar fosse stata insoddisfatta delle vendite avrebbe potuto fare quello che fa qualunque azienda che riscontra difficoltà a vendere un prodotto: se l’offerta è superiore alla domanda, il prezzo del prodotto deve scendere, se non altro per cercare di limitare le perdite.
Chiudiamo le parentesi.
La Sugar avrebbe potuto, e secondo me dovuto, abbassare il prezzo per cercare di vendere queste ultime copie, e invece, a quanto mi risulta, hanno preferito mandarle al macero.
Tutte.
Credo appaia chiaramente l’assurdità di questa scelta, ma, purtroppo, c’è dell’altro e la scelta è ancora più assurda di quanto possa apparire.
Alcune persone che hanno curato i concerti di Juri Camisasca e Rosario Di Bella hanno proposto alla Sugar di acquistare in blocco questi dischi avanzati, ma ad un prezzo più basso (richiesta sensata, intanto perché ogni qual volta si acquista un bene in maniera massiva si usufruisce di sconti, anche sostanziosi, e poi perché se io sto per buttare qualcosa, anche una offerta molto bassa mi risulterebbe vantaggiosa). Ma anche in questo caso le scelte non sono state legate a logiche aziendali o razionali, per ragioni che ancora una volta mi sfuggono hanno rifiutato l’offerta e distrutto le copie avanzate.

Qualcosa di simile capitò al maestro Giusto Pio parecchi anni fa, quando chiese alla EMI di rientrare in possesso dei diritti sui suoi LP “Legione straniera” e “Restoration“, MAI ristampati dalla EMI. Anche a lui fecero una proposta indecente: per riavere i diritti gli chiesero un mucchio di soldi (come se questi dischi valessero molto), ma poi, ad oggi, e sono passati almeno 20 anni, di questi dischi non ne hanno fatto nulla (mai una edizione in CD, mai venduti come mp3, mai ristampati in vinile) come se pensassero che questi dischi non abbiano mercato.
Forme di schizofrenia che non ti aspetti da aziende di grandi dimensioni.
Immagino vi appaia chiaro come questo modo di agire non abbia niente a che spartire né con la difesa e la diffusione dell’arte, né con una razionale gestione del proprio bilancio economico. Qui si sfiora l’irrazionale perché, ripongo la domanda iniziale, proprio non si capisce che senso abbia decidere di pubblicare un disco se poi lo si ostacola e lo si boicotta per mesi e mesi.
Il triste finale è che ormai questo disco non si trova più in vendita e chi lo cerca dovrà passare per le forche caudine del mercato dell’usato e pagarlo salato, o non comprarlo affatto, e tutto quello che mi piacerebbe sapere è, semplicemente, il perché di tutto questo.
Perché ?
Ma, per non chiudere malinconicamente il post, segnalo a voi tutti che è in atto una operazione molto originale riguardante proprio Juri Camisasca. Si realizzerà un documentario a lui dedicato, ma il film non sarà venduto nei negozi, l’unico modo per averlo è partecipare alla raccolta fondi (o come si dice oggi, crowdfunding) che ne renderà possibile la realizzazione.
Se siete interessati a questo progetto (e se siete passati su queste pagine DOVETE esserne interessati) andate sulla pagina ufficiale di Camisasca cliccando questo link e scegliete che tipo di contributo dare (ci sono moltissime opzioni, avrete l’imbarazzo della scelta).

p.s. Ovviamente se la Sugar vuole aggiungere a queste mie riflessioni qualche sua considerazione, segnalare errori in quello che ho scritto o puntualizzare dal suo punto di vista qualcosa, in queste pagine troverà sempre la mia disponibilità a pubblicare le loro idee e tutto ciò che riterranno necessario. Possono scrivermi in privato o pubblicamente e da me otterranno sempre ospitalità, perché il mio obiettivo è, lo ripeto un’ultima volta, proprio quello di capire cosa sia successo.
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