ROBERTO CACCIAPAGLIA “Heimat”, 1986, Fonit Cetra

Generazioni del cielo” è un’opera/oratorio di Roberto Cacciapaglia che abbiamo amato, e amiamo, molto.
Pubblicata nel 1986, non immaginavamo che all’epoca, chissà per quale uso, fosse stato realizzato anche un video ufficiale (pensavano di passarlo su VideoMusic ?).

Con soli (quasi) 40 anni di ritardo, ma con grande piacere, ve lo proponiamo ora.
Riguarda una delle tracce più belle, “Heimat” (Patria in tedesco).
E, a dispetto del meritato successo degli ultimi lustri, pensiamo che il Cacciapaglia più interessante e valido sia da queste parti, e non tanto nei suoi dischi pianocentrici (nel senso di centrati sul pianoforte).

Disfunzioni Musicali (il documentario)

C’è molta retorica in giro sui negozi di dischi, di come fossero veicoli e promotori di cultura più o meno alta. In realtà moltissimi di questi negozi non erano sostanzialmente differenti da una macelleria o da un negozio che vendesse autoricambi.

Ma c’erano delle eccezioni, a volte clamorose.
A Roma, in particolare, c’era Disfunzioni Musicali, un negozio che è sempre stato molto di più di un luogo dove si vendevano dischi. Per molti aspetti fu un faro nella notte per tanti ragazzi che erano divorati dalla curiosità e che cercavano musiche altre.

Di tutto questo parla questo breve, ma meritorio, video.
Non ve lo propongo come sterile nostalgia canaglia di un passato che non tornerà, ma come un doveroso omaggio a chi rese quel luogo quello che era.

Un pensiero particolare va a Sante, che all’epoca fu un eccellente suggeritore di acquisti per il sottoscritto.

PIRA666 “Fratello cosmico”, 2011, Cervello meccanico rec.

Sono ancora vivo, ma in altre faccende affaccendato. Di corsa posto questo video riemerso dai miei prelievi nel pozzo sempre ricco della Cervello meccanico rec. (il loro sito è questo, ma per ragioni di obsolescenza non so quanto agibile per molti di voi, e anche per me).

Nella seconda loro raccolta dedicata alla “Musica per astronauti“, compare questa deliziosa “Fratello cosmico” di Pira666.
Elettronica intelligente, lunga e accattivante, che mi ricorda certi momenti degli Orbital, ma con un retrogusto DIY che solo noi italiani sappiamo dare.
Il video è più che meritevole.

Per cui appassionatevi anche voi a questa elettronica sotterranea, ma di primissima qualità.

Antonio Ballista (una intervista)

Sempre in attesa di tornare ad avere un po’ di tempo per scrivere qualcosa di minimamente strutturato, vi regalo questa breve intervista ad Antonio Ballista, dalla quale, tra l’altro, emerge la sua grande intelligenza e consapevolezza (non che ci fossero dubbi, vista la qualità della sua carriera).

Ballista dice: “Io penso che la musica, purtroppo, il pubblico non la può capire, la può godere“.

Io aggiungerei, specularmente, anche che: “i musicisti non possono godere della musica, la possono capire” (cosa che ho riscontrato spessissimo nelle chiacchierate avute con compositori e musicisti professionisti) .

BJÖRK “Black lake”, 2015, One Little Indian

Come alcuni di voi avranno intuito, questo blog sta vivendo un periodo di pausa. Non tanto per scelta editoriale, quanto per mancanza di tempo. Le mie, già poche, risorse energetico-temporali (?) sono indirizzate, per varie ragioni, verso alcuni altri miei blog (e su uno nuovo in preparazione, che chissà quando vedrà la luce).

Nell’attesa di un ritorno ad una scrittura con una certa regolarità, vi propongo questo (abbastanza) recente video di Björk.

Se l’artista islandese negli ultimi anni ha partorito “solo” buoni dischi, generalmente con alcuni brani di buona qualità e altri un po’ meno riusciti, è anche vero che ogni tanto la leonessa riesce a dare delle zampate più che degne della sua storia musicale.

E’ il caso di questo “Black lake“, tratto dall’album “Vulnicura“, che, nei suoi 10 minuti abbondanti, racconta con grande efficacia del dolore seguente alla separazione con il di lei ex-marito.

Sincerità, emozione e classe da vendere.

My heart is enormous lake,
black with potion.
I am blind
drowning in this ocean

CARLOT-TA “Sparrow”, 2018, Incipit rec.

Ancora un video relativo a musica recente.

Incrociata praticamente per caso, questa canzone di Carlot-ta (non commento l’uso del trattino nel nome d’arte…), ventottenne di Vercelli, proviene dal suo ultimo album, “Murmure“, un disco che mette al centro di tutte le canzoni sua maestà l’organo a canne.

E’ chiaro che, senza una buona scrittura, ci si può ingegnare con mille trucchi negli arrangiamenti, ma le canzoni rimarranno inevitabilmente deboli.
Ma quando la canzone è già ottima di suo, se le si costruisce attorno un arrangiamento scarno e potente allo stesso tempo, essenziale ed imponente, il risultato sarà un gioiello che spicca nel piattume dei giorni odierni.

Come vedrete questo non è il classico video girato con più o meno fantasia e abilità, ma la semplice ripresa dal vivo del pezzo, suonato nella Basilica di Sant’Andrea a Vercelli, e questo lo rende particolarmente efficace, perché mette l’accento proprio su come il pezzo sia stato arrangiato.

L’eleganza di queste immagini proviene direttamente dalla decisione di volersi limitare a mostrare la musica per come viene suonata.
Una scelta solo apparentemente poco ambiziosa.

Il brano è molto bello, peccato per il cantato in inglese (sapete come la penso e sono convinto che in italiano avrebbe avuto maggiore forza ed efficacia), e questa ragazza va tenuta decisamente d’occhio (sicuramente ascolterò i suoi tre dischi).

Magari ne riparleremo, intanto ascoltate questa canzone che parla di passeri, ricordi e tanta pioggia.

 

KARLHEINZ STOCKHAUSEN “Mikrophonie 1”, 1966

Continuiamo con i video dedicati ad alcuni esponenti della musica (più o meno) d’avanguardia e cogliamo l’occasione per festeggiare i 90 anni dalla nascita di Karlheinz Stockhausen.

Questo video, risalente al 1966, quando Stockhausen aveva solo 38 anni, coglie una esecuzione di una composizione risalente a pochi mesi prima, “Mikrophonie 1” (titolo delizioso).

Oltre agli aspetti squisitamente musicali, vi invito a rivolgere la vostra attenzione a tutto il contesto e a realizzare che tutto ciò accadeva una vita fa.

 

 

LUCIO LEONI “Le interiora di Filippo”, 2017, Lapidarie incisioni

Ogni tanto, se non altro per dimostrare che non siamo dei vecchi babbioni, su queste pagine puntiamo l’attenzione su materiale musicali un po’ più recenti.
E’ il caso di Lucio Leoni, autore romano dalla personalità spiccatissima.
Il video che vi proponiamo riguarda un singolo dal suo più recente lavoro (“Il lupo cattivo“):
recitarcantando velocissimo e travolgente, testi di livello, giusta commistione di serietà e ironia, ritmica forsennata e poi… il ritornello pop, a spiazzare e riconciliare.

Video ben prodotto e azzeccato, canzone che alla fine, nonostante tutto, acchiappa alla grande.
Qualcosa si muove nella capitale.

 

STEVE REICH “Music for mallet instruments, voices and organ”, 1976

Rimaniamo in ambito minimalista con un classicone del genere “Music for mallet instruments, voices and organ” (la trovate in un cofanettone del 1974 realizzato dalla Deutsche Grammophon insieme ad altri due pezzi epocali: “Drumming” e “Six Pianos“).
Quella che vi propongo è una versione dal vivo registrata ad Amsterdam nel 1976, ottima per rendersi conto di come si sviluppa il pezzo.

A suonare sono:
Steve Reich, Timothy Ferchen, David Van Tiegham, e James Preiss alle marimba,
Glen Velez al vibrafono,
Ben Harms e Gary Schall ai glockenspiel,
Geordie Arnold, Janice Jarrett e Jay Clayton alle voci,
Steve Chambers all’organo elettrico.

Tutti musicisti di grande spessore ma soprattutto bellissimi, non li fanno più musicisti di avanguardia e/o sperimentazione così belli.

Assaporatevi questo capolavoro.

 

TERRY RILEY “Music with balls”, 1969

Questa volta tocca ad un video abbastanza singolare.
Datato 1969 (1968 secondo alcuni) ve lo propongo per un paio di buone ragioni.
Intanto perché vede all’opera un Terry Riley ancora giovane mentre opera sulla strumentazione che lo ha reso celebre, specialmente dal vivo, ovvero organo e sax soprano più registratore e delay.
Mentre lui suona, intorno c’è tutto un movimento di palle che vanno e vengono, ben incorniciato da una regia del tutto in linea con quella cultura psichedelica e difuorista che in quegli anni non flirtava solamente con il rock ma anche con la musica contemporanea e di avanguardia.

Alla regia John Coney, mentre le palle si devono allo scultore Arlo Acton.

Insomma: ancora una volta vi invito a respirare l’aria del tempo che fu.