Da qualche tempo sto ascoltando, sono circa a metà, l’ennesimo cofanettone, dedicato questa volta alle canzoni della swinging Berlin degli anni 20 (e dintorni), un box dal ricco contenuto (10 CD per 200 canzoni) e dal lungo titolo (che dà il nome a questo post).
Chi mi conosce sa quanto ritenga interessanti, memorabili e stimolanti, artisticamente parlando, ma non solo, gli anni che seguirono la conclusione della Prima Guerra Mondiale, e, innamorato di Berlino quale sono, non potevo esimermi dal provare ad annusare l’aria che si respirava in quegli anni.
A dispetto di quanto mi aspettassi ho trovato grosse similutudini con la coeva musica italiana (tipo questa, o quest’altra, ma con stili più spesso vicini a Rodolfo De Angelis che al Trio Lescano), ho ascoltato musicisti di primissimo livello, orchestre e interpreti raffinati, musiche mediamente più distanti da Kurt Weil di quanto fosse lecito ipotizzare, e, in generale, ho percepito come Berlino fosse attraversata da una incredibile voglia di divertimento e di allegria in anni, lo voglio sottolineare, davvero complicati. La sconfitta nella Grande Guerra, i tantissimi morti al fronte, le decisioni prese nella Conferenza di Parigi, la conseguente crisi economica, le conflittualità legate a Weimar, le repressioni a sinistra, la progressiva ascesa del nazismo… tutto spingeva per giorni in cui si dovesse stringere la cinghia e avere cautela e invece, grazie anche al boom mondiale della radiofonia, nei locali notturni berlinesi ci si lasciava andare a balli travolgenti (tanzmusik !), canzoni umoristiche e atmosfere ridanciane e peccaminose spesso ricche di esotismi evocativi.
Ma la ragione per cui sto scrivendo questo post va oltre tutto questo.
Non conoscendo il tedesco, tendo ad ascoltare soprattutto la musica e a non concedere particolare attenzione ai testi, ma, ogni tanto, capita di avere l’impressione di riuscire a cogliere dei significati e, se incuriosito, vado in rete a cercare informazioni sul testo di qualche canzone.
Mi è successo una prima volta con “Die Großstadt-infanterie“, cantata da Kurt Gerron. Il testo parla (e un po’ l’avevo azzeccato) dei rischi che correvano i pedoni nella Berlino di quegli anni, continuamente a rischio di essere investiti dalle indisciplinatissime auto circolanti (pare incredibile, ma evidentemente passeggiare lungo le strade in quei giorni esponeva a discreti rischi).
Sempre più incuriosito sono andato a cercare notizie su Gerron, una specie di Aldo Fabrizi tedesco, attore e cantante al tempo stesso, come si usava in quello che noi chiamavamo “varietà“, ma anche regista cinematografico. Vengo così a sapere che, in quanto ebreo, dovette interrompere la sua carriera di artista, fuggire in Francia prima e in Olanda poi, ma, ciò nonostante, finire comunque nel campo di Theresienstad per poi morire ad Auschwitz, poche ore dopo esserci arrivato e poco prima che il lager venisse abbandonato dai nazisti.
Qualche tempo dopo mi incuriosisco per un altro brano, intitolato “Das ist Berlin auf der Tauentzien” perché, come da titolo, mi sembra parlare di una zona berlinese famosa per lo shopping ancora oggi.
Anche qui cerco informazioni, ma non riesco a trovare il testo, non sempre in rete si trova tutto, cerco allora di sapere qualcosa di più sul suo interprete, Willy Rosen, e scopro che ha avuto un destino praticamente identico a quello di Gerron.
A questo punto continuo gli ascolti, ma qualcosa è cambiato.
Perché già suonava strana tutta questa allegria relazionata al recente passato e al presente, sia di chi scriveva e cantava questi brani, sia di chi li ascoltava, ma a questo ora si sovrappone anche la consapevolezza che, pochi anni dopo, molti di loro cadranno nel dramma della persecuzione razziale, altri diventeranno dei carnefici, altri cercheranno di rimanere nel mezzo e dovranno vivere in una Berlino bombardata giorno e notte.
Perché una delle cose che amo di Berlino è proprio la compresenza di tratti così discordanti: amore e odio, bellezza e orrore, arte e violenza, natura e tecnologia, Storia e storie.
E anche in queste canzoni che avevano il solo obiettivo di regalare qualche istante di buonumore e allegria, c’è qualcosa di più di quello che ci sarebbe dovuto essere.
A Berlino non sono mai solo canzonette.
p.s. Per chi fosse curioso sulla Berlino durante Weimar, consiglio la serie televisiva “Babylon Berlin” che prova a raccontarla in maniera dettagliata e, a mio parere, efficace.