Archiv Produktion 1947-2013

Qualcuno di voi ricorderà il mio entusiasmo per i “cofanettoni” di musica classica (e non solo) comparsi sul mercato discografico negli ultimi lustri (ad esempio ne ho parlato qua e qua).
Economici, qualitativamente spesso eccelsi, rappresentano un modo interessante per approfondire la musica cosiddetta classica.

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Ho comprato, ascoltato (ci ho messo 5 anni esatti…) e approfondito uno di questi oggetti, con una soddisfazione difficile da comunicare. Si intitola “Archiv Produktion 1947 – 2013” e, come intuirete, festeggia i 55 anni di attività di questa prestigiosa etichetta attraverso 55 CD che hanno il compito di celebrare e riassumere le produzioni di questa sussidiaria della Deutsche Grammophon.
Il sottotitolo del cofanetto “A celebration of artistic excellence from the home of early music” riassume benissimo il senso dell’operazione. Grazie ad alcuni sconti l’ho pagato poco meno di 65 euri, fate voi i conti di quanto possa essere economica una simile concentrazione di capolavori.

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Ascoltare questi dischi significa effettuare una molteplicità di viaggi, uno più bello dell’altro. Provo a riassumerli.

1) Il primo viaggio, il più ovvio, è quello nell’universo della musica antica e barocca. La Archiv fin dal suo nascere si è specializzata in quel periodo che, grosso modo, va dalle prime tracce pervenute di musica antica (dal XIII secolo) proseguendo attraverso il canto Gregoriano e via via fino al barocco e le sue ultimissime propaggini (diciamo fino a Beethoven). In questo viaggio si incontrano musicisti iper-famosi e celebrati (Bach, Handel, Palestrina, Monteverdi, Vivaldi, Corelli, Purcell), altri un po’ meno famosi dei quali avevo ascoltato poche cose (Telemann, De Machaut, Haydn, Rameau) e altri ancora dei quali ignoravo tutto (Zelenka, Rebel, Ockeghem, Muffat, De Victoria, il sorprendentissimo Myslivecek…). E’ splendido lasciarsi guidare dai curatori del catalogo all’interno di un universo che contiene moltissime perle (a me) sconosciute in un viaggio che è fatto di pura bellezza, del navigare in un oceano immenso affidandosi alle rotte tracciate da chi ha speso una vita a identificare cosa sia meritevole di attenzione. Ed è bello farlo attraverso lo strumento dei CD, l’oggetto fisico che ci “costringe” ad ascoltare l’opera dall’inizio alla fine, senza (troppe) distrazioni (a differenza dello streaming, dove la tentazione di andare nevroticamente altrove è sempre presente).

A posteriori appare anche evidente come ci sia un enorme differenza tra i suggerimenti dell’intelligenza digitale (“chi ha ascoltato questo ha anche apprezzato quest’altro“, “se ti è piaciuto questo allora prova quest’altro“…) che spesso incontriamo sulle varie piattaforme dedicate all’ascolto in streaming e un percorso vero e proprio strutturato da qualcuno che di certe cose ha grande competenza. E’ anche chiarissimo come, per quanto ampia, anche questa antologia non possa non avere delle mancanze che a me appaiono gravi (tanto per dire: davvero non c’era spazio, o una incisione soddisfacente, per Pergolesi ?), ma la cosa che emerge a valle dell’ascolto è comunque una sensazione di completezza e piena immersione in un mondo di straordinario fascino che poi nessuno ci vieta di approfondire ulteriormente.

2) Il secondo viaggio è quello all’interno delle scelte e delle logiche dell’etichetta. Oggi, che abbiamo a disposizione immediatamente enormi quantità di musica, è difficile immaginare come, nel primissimo dopoguerra, i curatori di un etichetta che si era data il compito di documentare alcuni secoli di storia della musica colta europea, dovessero decidere a quali autori e, ancor di più, a quali opere dare spazio, quali fossero le priorità, le composizioni che proprio non potevano mancare dal loro catalogo. Uno sforzo di sintesi e di valutazione dell’importanza storica e artistica che appare titanico: i Concerti Brandeburghesi di Bach o la sua Messa in Si Minore ? i lavori per organo o quelli per altri strumenti ? e i concerti grossi di Corelli ? quali scegliere ? quali oratori di Handel privilegiare ? e così via. Non è solo un dato storico-statistico e un affascinante percorso di selezione: si tratta di calarsi nei loro panni e costringersi a scegliere, cosa che, in un mondo dove “tutto e subito” sembra naturale, abbiamo dimenticato e non sappiamo più fare. E non è stato un bene.

3) Il terzo viaggio è quello attraverso i musicisti selezionati per suonare. La Archiv dovette anche decidere a chi affidare le interpretazioni e, negli anni, ha dato modo ad eccellenti musicisti di affermarsi spesso con incisioni considerate dagli esperti come dei riferimenti assoluti. Qualche nome tra i tanti: il Gabrieli consort, Musica Antiqua Köln con il suo direttore Reinhard Goebel, The English concert diretto da Trevor Pinnock, il Monteverdi Choir, The English baroque soloists diretto da John Eliot Gardiner, The Early Music Consort of London, il Concentus Musicus Wien diretto da Nikolaus Harnoncourt, i Berliner Philarmoniker, l’Accademia Bizantina di Ottavio Dantone. Tra i tantissimi solisti mi piace segnalare Dietrich Fischer-Dieskau, baritono che non avevo mai sentito nominare (so di essere ignorantissimo in materia di musica classica) e la cui voce mi si è rivelata come una incredibile meraviglia d’altri tempi. Perché è giusto apprezzare i nostri contemporanei, ormai spesso ridotti al ruolo di ultra-divi e costretti a pose e immagini degni di una qualunque velina televisiva, ma è bello riscoprire un mondo meno iper-prodotto e, in qualche modo, più a misura d’uomo e di artista. Parallelamente mi sono deliziato per le performance, molto più recenti, ma altrettanto eccellenti, delle soprano Anna Prohaska e Joyce DiDonato, per me due assolute sconosciute (lo ripeto, sono un novizio in questi campi), ma capaci di interpretazioni strabilianti.

4) Il quarto viaggio è quello nell’esoterico universo delle tecniche di incisione. Obiettivo di questa raccoltona è anche quello di narrare la storia in maniera equilibrata, quindi, partendo dai primi CD (caratterizzati da esecuzioni presentate per la prima volta in digitale) incontriamo registrazioni monofoniche risalenti alla fine degli anni ’40 e ai primi ’50, per poi, piano piano, incontrare registrazioni sempre più sofisticate al seguito di una tecnologia sempre più sviluppata e a conoscenze tecniche sempre più approfondite. Forse il vero top della qualità è stata quella degli anni ’80 quando l’opulenza del mercato rendeva possibile investire parecchio denaro nei macchinari e nella cura delle incisioni, ma l’orecchio attento può seguire in questo cofanetto l’evoluzione delle tecniche di registrazione e farsi una idea di come siamo arrivati fino ad oggi (ovvero ad ascoltare la musica con le sconcertanti cuffiettine senza fili o le cassettine del PC…).

Tra i tanti benefici effetti stimolati dall’ascolto di questo cofanetto, segnalo una enorme curiosità per le opere barocche (sono presenti “Israele in Egitto” e la bellissima “Alcina“, entrambe di Handel) che già era sorta in me, ma che ora è diventata una mia personale priorità (e viene il sospetto che, oltre ad Handel, forse l’artista più rappresentato nel cofanetto, avrebbero dovuto trovar posto anche a qualche opera di Vivaldi o dello stesso Mozart, per quanto più tardo).

Tutto questo quindi, non solo per suggerirvi di aprirvi alla musica classica, ma anche per stimolare una riflessione sulle modalità attraverso le quali esplorare mondi artistici a voi sconosciuti. Perché anche il metodo fa la differenza e la bulimia contemporanea va tenuta strettamente a bada.


E beccatevi pure il trailer ! 🙂

Musiche meravigliose che non dovrebbero mancare in nessuna casa.

2 LP in 1 CD

C’è voluta la crisi planetaria dell’industria musicale per far si che qualcuno si facesse venire l’idea di riunire in un unico CD due LP di uno stesso autore senza tagli e mutilazioni varie.

Forse nelle alte stanze delle multinazionali qualcuno si è reso conto che per valorizzare il proprio catalogo non è necessario praticare ad oltranza esclusivamente l’assemblaggio di antologie banali e sempre uguali a sé stesse, ed ecco quindi sbocciare nei negozi due collane molto simili caratterizzate dall’unione di due album di uno stesso artista (album che, pensati per i vecchi LP, molto spesso non fanno alcuna fatica ad entrare in un solo CD), costo molto basso (intorno ai 5 euri), apparato iconografico e informativo ridotto al minimo ma comunque dignitoso.

La Warner si è inventata questa “2 LP in 1 CD” (titolo della collana poco creativo ma decisamente esplicativo) che spicca (anche) per il ripescaggio di materiali mai stampati prima in digitale dalle sue controllate Wea, CGD e Fonit Cetra.

E’ il caso di 2 gioiellini quali “Vox” e “Mediterranea” di Giuni Russo (per la prima volta integralmente pubblicati in CD), ma anche di “Finardi” e “Secret streets” di Eugenio Finardi e molti titoli di autori anni ’60 che (credo, non sono un esperto) mai erano stati pubblicati su CD e probabilmente non erano mai stati ristampati neanche come LP.

Tra gli altri titoli vi segnalo anche quello che riunisce “L’uomo” e la colonna sonora del film “Milano calibro 9” degli Osanna (forse i migliori lavori del gruppo napoletano, che io, a dire il vero, non amo molto…).

Da apprezzare che, almeno nei casi citati, siano stati uniti in unico CD degli LP usciti uno dopo l’altro in maniera tale da mantenere una certa coerenza di fondo in termini di sonorità, stile e maturità dell’artista (anni fa in un cofanettone unirono “Fetus” e “Pollution” di Battiato con uno dei suoi “Fleurs” secondo criteri artistico-musicali tutti da scoprire…).

Parallelamente è nata anche la collana della EMI2 original classic album” che pure presenta ad un prezzo popolarissimo 2 album (questa volta mantenendo la canonica divisione in 2 cd) in tutta la loro integrità. All’interno del mini-libretto ci sono le copertine dei due album a grandezza (quasi) naturale, mentre l’apparato informazionale è ridotto sotto la soglia minima di decenza.

Questa collana risulta meno interessante dell’altra se non altro perché mi sembra caratterizzata (ma posso sbagliarmi) solo da ristampe di materiali già editi, mentre l’altra si è sforzata di portare sul mercato italiano titoli che da tantissimo tempo meritavano una chance digitale unitamente a titoli semplicemente mai ristampati prima (e mi riferisco soprattutto ad artisti lontani da questi lidi quali Caterina Caselli, Johnny Dorelli, Marcella Bella e altri cantanti d’epoca o a protagonisti degli anni ’80 come Rettore o Umberto Tozzi).

In entrambi i casi due iniziative interessanti e tra le più sensate poste in essere dalle case discografiche negli ultimi anni.

p.s. Resto in attesa per la pubblicazione in questo formato dei 2 lavori “pop” di Giusto PioLegione straniera” e “Restoration“.

Cofanettoni

Una delle più recenti e interessanti mode del marketing in ambito musicale è quella dei cofanettoni contenenti le opere omnie di artisti o corpose sezioni del loro catalogo. Evidentemente più adatta ad artisti defunti che a quelli viventi, questa moda  si segnala in ambito pop per interessanti cofanetti con “tutto” De Andrè o “tutto” Miles Davis.
Ma è nell’ambito della musica classica che stanno uscendo, a prezzi oggettivamente interessantissimi, prodotti di altissimo livello.
E’ il caso di questo cofanetto della Decca/L’Oiseau lyre che ho comprato giusto ieri da FNAC.

Si intitola “Le sinfonie complete“, contiene una settantina di opere di Wolfgang Amadeus Mozart (le 41 sinfonie ufficialmente numerate più un’altra trentina tra versioni alternative o sinfonie emerse DOPO l’iniziale numerazione e che oramai non potevano essere aggiunte nella serie pena la perdita di qualunque senso cronologico nella numerazione stessa). Ad eseguirle è un ensemble prestigioso quale la Academy of Ancient Music diretta da Christopher Hogwood.
Nel box vi sono 19 (diciannove) CD ed un bel libretto (tutto in italiano !!!!) di una trentina di pagine con i dati riguardanti il contenuto dei CD e note varie riguardanti Mozart, le sue sinfonie ed altro.
Le registrazioni, ovviamente, non sono recentissime e appartengono tutte sostanzialmente agli anni ’80 quando però, giova dirlo, la qualità delle registrazioni, soprattutto in ambito classico, aveva raggiunto un ottimo livello.

Tutto questo ben di Dio lo si trova SOTTO i 40 euroni (io, grazie ai miei sconti di cliente aficionado ne ho spesi 36) e, francamente, di fronte a cifre di questo tipo c’è solo da togliersi il cappello e applaudire a scena aperta. Perchè una delle chiavi per la diffusione della buona musica e il recupero di quote di mercato per la vendita di cd sta proprio in un intelligente utilizzo degli enormi cataloghi che le case discografiche hanno nelle loro cantine.

Queste registrazioni si sono già ripagate tanti anni fa, ora i soli costi per la realizzazione dei dischi sono la parte grafica, la realizzazione del box e le spese (minime) per i materiali. E’ pertanto possibilissimo mettere in vendita a questi prezzi ottima musica garantendosi un accettabile guadagno e (soprattutto) risvegliando il mercato e facendo tornare (o venire) la voglia di acquistare buona musica anche a chi normalmente pensa che “sia troppo costosa”.

Se poi preferite comprarvi il disco di Alessandra Amoroso o l’ultimo live della Pausini, allora ve lo meritate Alberto Sordi…

THE UNIVERSAL MUSIC COLLECTION

Da qualche settimana sono reperibili nei negozi di dischi alcuni cofanetti, contenenti 5 o 6 cd, pubblicati (come si evince dal titolo della serie) dalla Universal. Nel bene come nel male hanno attirato la mia attenzione. Vediamo perché a partire dagli aspetti positivi.

  • Non si tratta, fortunatamente, di mega-antologie (come, ad esempio, le terrificanti Platinum collection) che assemblano in maniera poco chiara, e certo opinabile, i materiali di un certo autore. Il box contiene solo interi album dell’artista selezionato.
  • La scelta degli autori omaggiati da questa iniziativa è di assoluto livello (Eugenio Finardi, Teresa De Sio, Alberto Fortis, Roberto Vecchioni, Rossana Casale…).
  • I dischi scelti sono spesso tra i più importanti dell’artista analizzato e conseguenziali l’uno all’altro (e quindi ben fotografano un determinato periodo dell’artista).
  • Il prezzo è decisamente abbordabile (normalmente intorno ai 25 euro).
  • I dischi sono stati rimasterizzati (speriamo bene…)

Veniamo ora agli aspetti negativi (che poi sono solo uno).

  • I cd sono contenuti in piccole buste di cartoncino (forse troppo) leggero sul quale vi è raffigurata da un lato la copertina del disco e sul retro i crediti del disco. Manca qualunque libretto aggiuntivo e soprattutto manca molto del materiale iconografico originale di questi dischi.

Io capisco che le case discografiche, di fronte all’incedere maestoso del downloading selvaggio, cerchino di dare linfa vitale al mercato con iniziative come questa, ma secondo me cadono in un errore molto serio.
Se per abbassare il prezzo eliminano parte del prodotto (e proprio quella parte che è più difficile duplicare illegalmente) riducono di molto la distanza tra i prodotti originali e quelli piratati.
E questo potrebbe essere un gesto suicida perché nel momento in cui dovessero realmente coincidere i due oggetti i giovanotti moderni potrebbero chiedersi perché spendere (anche solo) 25 eurotti per qualcosa che si può avere tale e quale aggratise.

Io capisco che ricreare su cd i contenuti (ad esempio) delle copertine dei dischi di Finardi realizzati dalla Cramps sia costoso, ma delle due l’una:
o si fa questo lavoro, aumentando il prezzo del prodotto, ma valorizzandolo fortemente in confronto a ciò che si scarica,
oppure non lo si fa e si rende il proprio oggetto esposto nei negozi sempre più (drammaticamente) simile a ciò che si scarica dalla rete.

Una (relativa) soluzione potrebbe essere quella di recuperare le componenti iconografiche originali e invece di stamparle (come libretto cartaceo) inserirle all’interno dei singoli cd (come appendice cd-rom al cd audio vero e proprio), azzerando così i costi di stampa e permettendo a chi è dotato di un PC di godere del lavoro che a suo tempo venne fatto (nel caso citato) da Gianni Sassi e dai suoi collaboratori.
Capisco che così si rischia di dare la possibilità ai malintenzionati di mettere a disposizione dei vari circuiti peer-to-peer ANCHE le copertine (e senza molta fatica), ma questo dell’apparato iconografico è attualmente il punto più debole dei materiali che vengono scaricati ed è su questo che le case discografiche potrebbero/dovrebbero appoggiarsi per rivendicare una oggettiva superiorità della loro merce.

Rimanendo in casa Finardi va detto che questi 5 LP (i suoi primi come solista) sono dischi di assoluto spessore, tra i rarissimi esempi di genuino e ruspante rock in anni in cui il progressive la faceva da padrone.
Ottime musiche, testi a volte ingenui ma sempre estremamente diretti e vissuti (all’epoca era impressionante la franchezza e il nudo offrirsi al pubblico di Finardi), suonati straordinariamente bene da personaggi quali Alberto Camerini, Lucio Fabbri , la storica coppia basso-batteria Walter Calloni & Hugh Bullen (probabilmente il motore pop-rock migliore che circolasse in Italia in quegli anni, mai più eguagliato anche in seguito, un pezzo di storia del rock nostrano sicuramente non abbastanza glorificato per quanto di splendido ha fatto) ed ospiti di eccezione quali Patrizio Fariselli, Paolo Tofani, Giulio Capiozzo, Ares Tavolazzi, Claudio Pascoli e altri, con la gran voce di Finardi (anche lui alquanto sottovalutato come interprete di se stesso e di altri autori) a legare il tutto.

Questi sono dischi che non possono mancare in casa di chi ama la musica italiana e un periodo dorato come quello dei ’70.

p.s.
Da notare come l’idea di base della Universal sia stata prontamente copiata dalla Sony che ha lanciato anch’essa una collana di cofanetti assai simile nel formato e nel prezzo. Peccato che nel selezionare gli album abbiano utilizzato criteri assai singolari come si può verificare considerando quello dedicato a Battiato che contiene i suoi primi 5 dischi (da “Fetus” a “M.lle Le Gladiator“, periodo 1972-1975) ai quali hanno aggiunto “Fleurs 3” del 2002, un lavoro (in gran parte basato su cover di canzoni altrui) che nulla ha a che spartire con gli altri e dai quali è separato da “soli” 30 anni… chissà cosa gli è passato in mente a colui che ha operato una scelta simile…

5 euro

Credo che la soglia dei 5 euro sia quella verso la quale tendano i CD e oltre la quale è impensabile che vengano commercializzati (mi riferisco ai cd “singoli”, il discorso cambia, e parecchio, per i cofanetti da 2,3,4… 10,… 20… ecc.).

In uno dei grandi store romani ho visto ieri (e qualcosina ho anche comprato) a 5 euri tonditondi alcuni lavori di artisti di assoluta eccellenza quali Japan, Syd Barrett, Massimo Volume, la solita Alice, Ramones, Simple Minds, Talk Talk, Marillion, David Sylvian, Sex Pistols, Banco del Mutuo Soccorso e molti altri.

E’ una iniziativa della EMI e fossi in voi la coglierei al volo. O preferite sempre e comunque scaricare ?

COFANETTI D’OCCASIONE

Dopo molto tempo torno a segnalarvi alcuni CD dal grande valore artistico e dal basso prezzo (pubblicità progresso).

1) Ho pagato poco meno di 20 euro la nuova edizione in 4 cd, pubblicata dalla sua Orange Mountain Music, di “Music in twelve parts” di Philip Glass. Trattasi, per chi non lo sapesse, di uno dei capolavori del minimalismo storico, un lungo lavoro (oltre 3 ore….) avvincente e ipnotico la cui bellezza negli anni non ha perso smalto ne vigore. La versione di questo cofanetto è stata registrata dal vivo nel 2006 a Rovereto ed è eseguita, davvero molto bene, dall’attuale formazione del Philip Glass Ensemble (al cui interno troviamo peraltro alcune vecchie glorie quali Jon Gibson e Richard Peck oltre alla inossidabile coppia Philip Glass / Michael Riesman).
Rispetto alla storica incisione pubblicata dalla Virgin eoni fa (prima, in vinile, solo le prime 2 parti, poi, negli anni ’80, un cofanetto in digitale con l’opera completa) mi sembra di poter dire che l’esecuzione sia leggermente più morbida e meno rigida di quella d’epoca (quando il gruppo di Glass era una macchina da guerra implacabile), ma lascio a voi la decisione su quale sia la versione meglio riuscita. La cosa certa è che quest’opera è tornata finalmente disponibile e ad un prezzo assolutamente accettabile. Confezione spartana (nessuna foto…) e immagine di copertina che, seppur aderente al contenuto musicale, non regge il confronto con la bellissima cover realizzata da Sol LeWitt nei magici ’70.

2) Con qualche euro in meno ho comprato un cofanetto di 10 (dieci!) cd intitolato “El tango. Pasiòn y emociòn” edito dalla misteriosa (per me) Membran music. Trattasi di una mega-antologia che raccoglie registrazioni degli anni ’30, ’40 e ’50 di brani di tango argentino realizzati da alcuni dei più noti interpreti di questo genere musicale. E’ possibile quindi ascoltare orchestre, ormai celeberrime, come quelle capitanate da Francisco Canaro, Anibal Troilo, Carlos Di Sarli, Edgardo Donato e chi più ne ha più ne metta (manca all’appello Carlos Gardel, di cui parlai tempo fa, che, rispetto al contenuto di questo cofanetto, dava una interpretazione più intimista del tango e, probabilmente, sarebbe stato comunque fuori luogo).
Ogni disco contiene una ventina di canzoni e dura circa un’ora per un ascolto che lascia interdetti per l’alta qualità delle composizioni e delle interpretazioni (per ora ho ascoltato solo i primi quattro cd, ma devo immaginare che anche i rimanenti siano sullo stesso livello). E’ evidente come non tutte le incisioni siano dello stesso livello, e, in particolare, quelle più recenti mostrano una preoccupante tendenza allo sfoggio di virtuosismo che è invece, fortunatamente, assente nelle registrazioni più antiche, ma il livello medio dei pezzi è davvero notevolissimo. Uno scrigno contenente tesori sicuramente sottostimati in questa Italia distratta e sempre più preda del (falso) fascino del nuovo-nuovo. Anche qui la confezione è essenzialissima, ma il godimento degli ascolti supplisce alla mancanza di note tecniche e di un decente apparato iconografico. Da segnalare come i brani più famosi siano presenti in svariate esecuzioni, spesso significativamente diverse, in modo da poter vedere alcune canzoni da diverse angolature (da questo punto di vista “La cumparsita” è la canzone dominante essendo presente quasi in ogni cd…).

Ci sarebbe qui da aprire una parentesi (e infatti la apro) su come lo scadere dei diritti d’autore stia liberando moltissima musica della prima parte del secolo scorso che, finchè i diritti sono stati in vigore, è rimasta pressochè nascosta e non ascoltabile vuoi perché chi deteneva i diritti non la riteneva commercializzabile (presunte basse prospettiva di vendita con relativo basso ritorno economico), vuoi perchè, a volte, proprio non si riusciva a sapere chi fosse a detenere i diritti sull’opera (e nel dubbio nessuno si azzardava a ristamparla). Adesso (finalmente!) si stanno moltiplicando le case che recuperano (spesso a partire dagli originali 78 giri) questi gioielli e li rendono nuovamente disponibili all’acquisto e (soprattutto) all’ascolto.

Ci sono cose che non hanno prezzo, altre che lo hanno troppo alto. Fortunatamente la grande musica si può spesso acquistare a costi contenuti, basta guardarsi un po’ intorno.

Occasioni

Sempre a chi dice che i CD costano troppo segnalo alcune cose viste e/o comprate in questi giorni a prezzi davvero bassi:

  • gran parte della discografia di Alice è in vendita a 5 euro, tra gli altri titoli “Il sole nella pioggia” pieno zeppo di capolavori camisaschiani
  • The sinking of Titanic” di Gavin Bryars nella splendida esecuzione pubblicata dalla Point music a 5,90 euro
  • un mega-cofanetto di 4 CD + 1 DVD “DEJA VU GOLD COLLECTION” (?) dedicato a Carlos Gardel a 10,90 euro contenente musica davvero immortale
  • Minimal piano collection” del pianista Jeroen Van Veen contenente 9 CD con musiche di Glass, Adams, ten Holt, Part, Tiersen, Nyman, Mertens, Riley, ecc. a 23 euro (l’ho preso a Berlino ma si dovrebbe trovare anche qua) che per chi è interessato ad una buona introduzione al rapporto tra minimalismo e pianoforte è davvero un’ottima scelta

Quindi non lamentatevi ed evitate di affermare che siete “costretti” a scaricare la musica !

p.s. Per nuove recensioni ci aggiorniamo a dopo le vacanze